La più antica forma
di contatto con l'ambiente subacqueo è l'immersione
in apnea; fin dall'antichità questo sistema è
stato usato per scopi bellici o lavorativi, per la pesca o
la raccolta di ostriche perlifere o di spugne. La prima impresa
subacquea descritta con esattezza risale al 1913, quando il
pescatore di spugne greco G. Haggi Statti si immerse a circa
80 m per consentire il recupero dell'ancora della nave italiana
Regina Margherita.
L'esigenza di migliorare
le possibilità dell'uomo in immersione e di accrescerne
le capacità
di intervento è stata oggetto di studi sin dall'antichità;
al Rinascimento risale il progetto di una prima rudimentale
campana di immersione, mentre nel 1797 il tedesco K.H. Klingert
ideò uno scafandro ad aria compressa e il primo casco
metallico subacqueo; nel 1819 l'inglese A. Siebe realizzò
il prototipo, perfezionato nel 1837, dell'attuale scafandro
semirigido.
Nella seconda metà
dell'Ottocento si diffusero i cassoni pneumatici, che consentivano
agli operai di compiere lavori all'asciutto sul fondo del
mare, e proprio dallo studio della cosiddetta "malattia
dei cassoni" presero avvio le ricerche sulle metodiche
di decompressione. Con la seconda guerra mondiale le esigenze
belliche portarono a uno sviluppo sensibile delle tecniche
e delle attrezzature di immersione con autorespiratore, inizialmente
a ossigeno, sostituiti in seguito da quelli ad aria; alle
imprese dei militari fecero seguito quelle degli sportivi,
degli archeologi, dei fotografi subacquei, dei biologi marini.
La grande diffusione delle
attività subacquee sportive o professionali, anche
a livello dilettantistico, praticate in apnea (pesca subacquea,
attività sportive) o con sistemi di respirazione (attività
turistiche, sportive, professionali), ha portato alla elaborazione
di nuove metodologie e tecniche di immersione, e alla realizzazione
di attrezzature, strutture di supporto e sistemi di respirazione
sempre più sofisticati, conducendo inoltre a specifiche
specializzazioni, per es. in campo medico o tecnologico.
|